Cronaca di una serata alla Fortezza Santa Barbara. Gran Glassé: convincente mix tra la comicità de Gli Omini e i frizzanti momenti musicali del complesso eXtraLiscio.
Nell’aura cinquecentesca della Fortezza Santa Barbara, su un semplice palco con delle gigantesche mutande sullo sfondo, Gli Omini si esibiscono accompagnati dal gruppo musicale eXtraLiscio. Gran Glassé, un misto di varieté, Gran Galà e “un fortuito ritrovamento di quaranta scatole di marron glassé” – per usare le parole della compagnia stessa. La voce di un narratore conduce lo spettacolo presentando ora i musicisti e i cantanti, ora i tre attori che, rispettivamente davanti a tre leggii, si immedesimano in molteplici personaggi. Gli attori portano sulla scena situazioni, momenti, attimi rubati nei loro tour attraverso l’Italia, creando una vera e propria summa delle esperienze cui hanno lavorato negli ultimi dieci anni. I nostri tre protagonisti indossano le vesti di individui desunti dalla realtà quotidiana, spesso da quella più realistica e bizzarra, donde emergono veri tipi umani, immersi in variopinte e comiche esperienze. Le scenette sono scandite in più sezioni a tema, in ognuna delle quali viene affrontata una specifica situazione o condizione umana: come tre uomini si comportano alla stazione, come giudicano il proprio lavoro, come vivono una vita di coppia; scenette nelle quali ogni spettatore rivede inevitabilmente se stesso, i propri famigliari e coetanei, insomma, la realtà che ogni giorno tocca con mano. E i tipi sulla scena rivelano al proprio pubblico una verità da loro ormai accertata, colorata e arricchita da una leggera vis comica, che si ritrova soprattutto nel loro espressionistico intercalare, nelle loro bizzarre esperienze, talvolta in qualche termine triviale scagliato tra una parola e l’altra.
Ph. Michelle Davis
Accomuna, però, tutte quante le scenette il tono piuttosto rassegnato alle verità di cui i personaggi hanno preso atto: la vecchia zitella, il lavoratore sconsolato, il giovane poetastro, l’amato respinto, non hanno niente di titanico nei confronti di una realtà screpolata, bensì confessano palesemente la loro attuale condizione come fissa e immutabile, senza prospettiva alcuna di cambiamento. Le loro avventure restano immobili e cristallizzate, suscitano una fuggevole risata, ma permettono al pubblico un’attenta riflessione. Chi non vorrebbe barattare il proprio lavoro con qualsiasi altra cosa? Chi non è compreso e ascoltato dai propri amici? Chi non è mai stato accusato dalla propria amata di avere un carattere impossibile? Realtà percorse da problemi del quotidiano che la vita apparecchia bene o male a tutti, vengono calate in una dimensione di spettacolo di varietà, affrontate dalla compagnia senza sottolinearne il disagio, anzi esiliando del tutto dalla scena le note dolorose, per lasciare spazio ai frangenti umoristici evidenziandone le circostanze più buffe. Questa la grande peculiarità de Gli Omini: far brillare di luce comica le situazioni problematiche in cui l’uomo viene sballottato durante il corso della propria esistenza, far emergere quanto può esserci di faceto nel serio, riuscire a trovare il riso anche nell’amarezza della routine. I tipi umani che esplodono sulla scena siamo proprio noi: intrappolati nella difficoltosa tela delle relazioni sociali, gettati in un mondo complesso e mutevole, imbrigliati nell’arduo compito di scalare la montagna che occupa il nostro io interiore. Forma recitativa prediletta dalla compagnia è, per l’appunto, il monologo, attraverso cui prende forma la persona che sta narrando la propria vicenda insieme al suo punto di vista; in alcune sezioni, come ne “la coppia”, è invece preferita la forma del dialogo, ovviamente intessuto fra i due coniugi, nell’ordine di mostrare il loro rapporto spesso critico, conflittuale e provocatorio. La vera forza comica si sprigiona nella mimesi linguistica dei dialetti italiani, per mezzo dei quali gli attori cuciono i discorsi con grande perizia: dominano la scena il fiorentino sboccato, il romano col suo lessico gastronomico, la pistoiese accusatrice, il milanese logorroico, grazie ai quali il vero protagonista è l’idioma linguistico. Tuttavia, pur restando fissi davanti ai loro leggii, i tre attori riescono ad animare la scena grazie al loro frenetico gesticolare, ai movimenti congiunti alle parole, alla vivace esasperazione di ciascun gergo.
Ph. Michelle Davis
Ma ecco che, accanto a tali siparietti, si attiva la seconda grande componente del Grand Glassé, ovvero la musica degli eXtraLiscio, che Gli Omini hanno incontrato il giorno stesso dello spettacolo, sperimentando, per la prima volta e in diretta, una collaborazione con altri artisti. Anche le canzoni degli eXtraLiscio raccontano frammenti di vita, spaziando nel repertorio del liscio italiano e legandosi strettamente alle parti recitate: con un Cha cha cha d’amor e un’atmosfera da balera, i loro pezzi si inseriscono fra una scenetta e l’altra senza soluzione di continuità, creando uno spettacolo varieté commisto di recitato e musicato, due elementi che mai risultano l’uno avulso dall’altro. Ma qui i protagonisti della musica sono ora un coinvolgente cantante di liscio, ora un elegante gentiluomo con la sua sensuale partner in scena, i quali richiamano una sofisticata serata da Gran Galà. Recitazione e musica, serio e comico, spensieratezza e malinconia, realtà e finzione, questi sono gli ingredienti del Gran Glassé che, nel loro intento di restituire il grande affresco del brulichio della vita quotidiana, riescono a forgiare tipi umani comici, umoristici, ma mai banali, sempre costretti ad agire in situazioni che accomunano, nel bene o nel male, ciascuno di noi.
Mirco Innocenti